giovedì 1 novembre 2012

Pare che Dio stavolta sia stato un cameriere accorto e abbia portato il conto all'unico che poteva pagare ...

lunedì 5 marzo 2012

L'insopportabile pietà

Non riesco ad avere pietà per chi è depresso a causa delle proprie scelte.
Prevedibile che siano le proprie le scelte che - una volta rivelatesi insostenibili - ci facciano più male.
C'è la responsabilità che abbiamo e sentiamo, ma non vogliamo accettare. 
Eppure dobbiamo farlo in un modo o nell'altro. 
Odio la pietà.
Odio che qualcuno possa provarla per me.
Odio che qualcuno possa concepirmi debole, soprattutto quando lo sono.
La odio perché è qualcosa che non si può evitare di dare, ma che nessuno vorrebbe ricevere in realtà, perché vorrebbe altro.
Ciononostante in questo momento odio non averne per gli altri, se l'avessi sarei migliore o comunque in una condizione di superiorità.
Invece, non avere pietà mi rende debole e ancora, in qualche modo, bisognoso di essa.
Credo che quando non ne avrò più bisogno smetterò di riceverne e finalmente la potrò dispensare.
Non accuserò più nessuno di avermi rovinato la vita e non mi dannerò più verso le mie scelte.
Le mie scelte, così poche. 
Così inutili rispetto a quelle altrui.
Ma, infine, sono rimaste loro.
L'unica cosa che conta.
Tutto ciò di cui almeno non mi pento, data la loro coerenza, la loro piccola forza.
Loro non chiedono pietà eppure la ricevono, anche da me.
E arrivato a ciò mi sento meglio, perché provare pietà - che sia o meno un atto che ci rende migliori o peggiori - sicuramente è qualcosa di catartico e che ci avvicina a una condizione privilegiata.
Ma io proprio non la sopporto, la pietà.

martedì 28 febbraio 2012

Consigli sulla psicoterapia

Non ho mai creduto alla funzione dello psicologo o dello psichiatra o dello psicoterapeuta.
Sono in genere contrario all'uso e all'abuso di farmaci. 
Meglio una canna o una birra.
Sono in genere contrario a raccontare le mie paure più intime ad un estraneo che tra l'altro dovrei pagare anche molto profumatamente.
Meglio una bella chiaccherata con amici, familiari o partner.
Se si è fortunati, addirittura è meglio scambiare due parole con un collega.
Probabilmente sono argomenti che troverebbero d'accordo anche i contrari alla chirurgia estetica.


Il problema è che io - oltre la fortuna di avere un rapporto sano con gli amici (e quella di averne di validi, anzi di averne e basta) e con i miei genitori (come sopra) - sono, appunto, sano.


Quindi - oh tu che sei piena/o di conflitti interiori e non riesci a goderti ciò che hai, che vivi conflittualmente ogni tipo di rapporto interpersonale, che gestisci male amicizie, rapporti familiari e sentimentali, se non vuoi rovinarti la vita ( e rovinarla a chi ti ama ) - ascolta il mio consiglio: 


FATTI CURARE! (e da uno bravo aggiungerei).

Conseguenze

Col sancito interregno
Sull'altare del tuo segno
Immolo come pegno
La vittoria dell'ingegno

giovedì 23 febbraio 2012

La verità, per quello che serve ...

La verità è una sola, ma ha tante facce e per questo nessuno riesce a vederle tutte insieme contemporaneamente.
L'unico modo per farsene una ragione è scegliere quella che ci piace di più (che è anche la cosa più semplice).

sabato 11 febbraio 2012

Mi dispiace ragazzi. 

Non basterebbero nemmeno tutti i punti del mondo per ricucirmi. 

È finita.


Mi metteranno nel negozio di pompe funebri di Fernandez sulla 109esima strada. Ho sempre saputo che prima o poi sarei finito lì, però molto più tardi di quanto pensava un sacco di gente.

L'ultimo.. dei Mohiricani. 

Beh, forse non proprio l'ultimo. 


Gail sarà una brava mamma, un nuovo e migliore Carlito Brigante.

Spero che li userà per andarsene, quei soldi: in questa città non c'è posto per una che ha il cuore grande come il suo. 

Mi dispiace, amore, ho fatto quello che potevo, davvero... 

Non ti posso portare con me in questo viaggio... 

Me ne sto andando, lo sento. 


Ultimo giro di bevute, il bar sta chiudendo. 

Il sole se ne va. 

Dove andiamo per colazione? Non troppo lontano. Che nottata... 

Sono stanco, amore.


Stanco...

Carlito's Way - Scena Finale


Mi sembra che questo sia il modo migliore per iniziare un viaggio.
Da qualcosa di catartico.
Di questo estratto tutto è perfetto: il testo, l'interpretazione di Pacino (e la voce di Giannini), la regia di De Palma e, soprattutto, il suo contenuto e ciò che mi ha sempre ispirato.
Il pensiero di un padre - e amante - che muore immaginando una vita migliore per la donna che sta lasciando e per il figlio che non vedrà mai nascere.

Tutto ciò ci succede ogni giorno.
Non la morte, ma la partenza o l'abbandono. O più semplicemente il dolore.
Non un figlio che nasce, ma la speranza di essere migliori. O che almeno lo sarà chi verrà dopo di noi.
In un certo senso siamo tutti Carlito.

Ma oggi, e non solo oggi, credo di riconoscere me (e molti dei miei coetanei) nel figlio di Carlito.
Radici a metà.
Genitori dalla figura ingombrante.
A metà fra la riconoscenza per quello che abbiamo e la rabbia per quello che non avremo.

Io il figlio di Carlito me lo immagino precario e innamorato, magari non corrisposto.
Con un tetto sopra la testa e un piatto sopra al tavolo.
Con il desiderio e la paura di perderli.
Con la tentazione di diventare un bandito, ma con la consapevolezza di non esserlo.

Alla ricerca di un punto di riferimento, di un mentore, di qualcuno che gli sappia spiegare come si è arrivati fino a questo punto.
Magari anche uno da ritenere responsabile.
Magari uno non solo da ascoltare, ma anche da prendere a pugni.

Ecco, adesso guardandomi allo specchio lo vedo.

Quello da prendere a pugni, intendo.